Un Convegno organizzato a Palanzano ha messo sotto i riflettori le piccole scuole di montagna: abbiamo ascoltato storie che guardano molto oltre le distanze, le emergenze e le criticità.
Una didattica di qualità, buone pratiche, investimento concreto sul capitale umano e sul futuro. Le piccole scuole tante volte ci portano un racconto di “innovazione”.
Tra queste gli esempi del comprensivo Busana Ariosto del Comune di Ventasso e del “Valle del Montone” di Castrocaro Terme in cui è stata avviata una sperimentazione per le pluriclassi finanziata dalla Regione, che potrebbe essere estesa a tutti gli altri istituti e il progetto di Tinkering che ha come capofila la scuola dell’infanzia Casa del Fanciullo di Borgotaro.
Le esperienze saranno necessarie per definire, insieme all’Ufficio scolastico regionale, ai Comuni montani, alle scuole un quadro regionale di programmazione per i prossimi anni scolastici.
Le piccole scuole di montagna sono un tassello fondamentale per evitare lo spopolamento di territori fragili.Sappiamo che per le famiglie spesso la scelta se restare o andarsene è condizionata dalla presenza, per i figli, di un’offerta formativa ricca, innovativa, di qualità. La scuola è il perno di tutto. Una comunità infatti non può definirsi tale senza una scuola: per dare una prospettiva e un futuro a un paese bisogna partire dai ragazzi.
Le scuole sono presìdi educativi e culturali su cui puntare per contrastare l’isolamento di tante realtà di montagna; l’obiettivo delle azioni della politica e delle istituzioni deve essere quello di offrire opportunità ai ragazzi – un buon servizio scolastico e risorse – perché restino nei piccoli paesi e qui possano ricevere una didattica di qualità.
Nei territori di montagna dell’Emilia Romagna sono attualmente attive 120 pluriclassi che coinvolgono 54 Comuni. Nel parmense le pluriclassi sono 28, nei Comuni di Bardi, Varsi, Pellegrino, Neviano, Corniglio, Tizzano, Monchio, Compiano, Tornolo, Solignano, Berceto e Terenzo.
L’impegno deciso della Regione è di mantenere attive le scuole di montagna. A partire dalle piccole.
Contrastare lo spopolamento si traduce però non solo nel garantire la sopravvivenza dei piccoli plessi, ma anche introdurre didattiche nuove. Abbiamo esempi, molti dei quali sono stati analizzati nel Convegno, di Istituti che convivono con il segno “meno”: meno alunni, meno classi, docenti che vanno e vengono, in cui però, intorno alla scuola, si sono sviluppate reti di relazioni, azioni culturali e attività che costituiscono straordinarie possibilità di apprendimento per chi le frequenta e ne fanno modelli da esportare. Queste azioni contribuiscono a mantenere in vita i piccoli paesi e la loro cultura. La Regione è impegnata a sostenere i progetti di questi modelli organizzativi attraverso azioni concrete che garantiscano i servizi. Penso in questo caso all’accesso alla banda larga. Proprio sul gap tecnologico si è investito, per dotare gli istituti di fibra e connessione veloce.
Alle scuole si chiede invece di sperimentare: un elemento su cui gli istituti delle aree meno popolate possono essere d’esempio per quelli situati in città è la creazione di “Patti educativi di comunità”, strumenti che consentono all’ambiente didattico di allargarsi alla collettività e di costruire alleanze con gli enti locali, le realtà del Terzo settore, le istituzioni pubbliche e private. In questo contesto le aule perdono i propri confini e includono il territorio. La montagna può essere un laboratorio pedagogico a cielo aperto, con un contesto ambientale e sociale che stimola la creatività. Nei piccoli paesi un valore fondamentale è l’intergenerazionalità: le persone giovani e quelle più anziane si conoscono, comunicano, collaborano, hanno la possibilità di incontrarsi e quindi di scambiare visioni del mondo e competenze. L’intera comunità diventa comunità educante, che può venire coinvolta e integrata nella didattica più convenzionale.
Le piccole scuole, quindi, non ci parlano solo di emergenza, non sono una brutta copia di quelle più grandi in città: sono realtà con alcune problematiche ma anche con molte ricchezze da riconoscere e valorizzare, al di là dei semplici dati numerici.